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Diano d'Alba

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Diano D’Alba è un guizzo improvviso ed elevato della terra, un colpo di pennello inaspettato che disegna un dosso prominente sulle colline: un muraglione di arenaria bianca che, a Nord, svetta e vigila sulla pianura di Alba, mentre a meridione punta gli occhi sul fascino magnetico dei vigneti del Barolo e l’aria tersa e misteriosa dell’Alta Langa.

 

Paese contadino da sempre, case in maggior parte costruite con muri in pietra a secco e senza intonaco. Le vie e le strade sono sterrate, larghe il giusto per per il passaggio dei carri, nessun tipo di illuminazione notturna, niente rumori di motori. Nelle orecchie, abituate a discernere e percepire, giungono altri suoni, come lo scalpiccio di passi, […] lo zoccolio di cavalli, asini e buoi, i cigolii di ruote, lo stormire di foglie, i cinguettii distinti uccello per uccello e spiegati dai nonni ai nipoti nell’interminabile ruota della vita.

Mario Corrado, Diano, figli del grande castello

 

Molto del fascino di Diano, nonché della sua storia, alberga proprio nella posizione di questo borgo medioevale, il cui punto più alto e ­­­­→ panoramico sfiora i 500 metri e permette una vista a 360 gradi sulle Langhe.

Su questo promontorio – che gli antichi Romani consacrarono alla dea Diana, da cui deriva il nome – sorgeva il più imponente e inespugnabile dei castelli della Bassa Langa. Un forte ambìto dai signori feudali e conteso dai potenti perché poteva dominare tanto sulla pianura quanto sulla collina. Il Comune di Diano si estende infatti sulla dorsale che separa due vallate: a Est quella del torrente Cherasca, che scende da Montelupo e sfocia nella valle del Tanaro; a Ovest la Valle Talloria, percorsa dall’omonimo corso d’acqua, che separa l’Albese dai declivi di Serralunga.

Se oggi Diano ha l’aspetto di un piccolo paese a vocazione agricola e turistica, un tempo rivestì un ruolo di primaria importanza e nell’Alto Medioevo subentrò addirittura ad Alba come sede per l’amministrazione civile. Tanto che, quando Carlo Magno restituì al capoluogo il potere comitale, per lungo tempo fu chiamato “Comitato Dianese” e non “Albese” come ci si sarebbe aspettato.

Di questa gloria, però, non resta che l’elevazione del luogo e un “vuoto” creato dalla bella piazza che circonda la settecentesca → Parrocchiale di San Giovanni. Perché il castello di Diano, oggi, non esiste più. Fu bombardato fino alle fondamenta nel 1632 dal Duca Vittorio Amedeo I di Savoia, il quale, strappandolo ai Prìncipi del Monferrato, fece capire che nessuno dopo di lui avrebbe più potuto utilizzare Diano come roccaforte per dominare un territorio la cui importanza per i commerci e il vino cresceva di anno in anno.

Orfani del castello, gli abitanti di Diano ripiegarono sulla coltivazione della vite, i cui frutti erano già celebri nel Medioevo, ma che ebbero una rinascita proprio verso la fine del XVIII secolo, quando i nobili legati ai Savoia recuperarono le terre incolte e diedero nuovo impulso al vitigno autoctono: il dolcetto.

È così che Diano divenne il regno del Diano d’Alba e del Dolcetto di Diano d’Alba Docg, vini che indicano la medesima tipologia: colore rosso rubino-porpora, profumi di frutta scura e bevibilità a tutto pasto. Al dolcetto è dedicato il 60% dei 473 ettari di territorio vitato del Comune, segno di un amore e di una fedeltà che travalicano i secoli. Amore e fedeltà che nel 1986 si trasformarono nel primo piano regolatore dei vigneti condotto da un Comune italiano, con l’individuazione e la catalogazione delle aree vocate alla viticoltura e l’autorizzazione a usare in etichetta i toponimi tradizionali dei Sorì, che in dialetto significa «luogo solatìo»: microcosmo di perfezione per suolo, esposizione e clima.

I Sorì autorizzati sono oggi 76 e gran parte del vino prodotto in queste aree può essere trovato alla → Cantina Comunale, punto di riferimento imprescindibile per chi vuole gustare appieno Diano e il suo terroir. La cantina, ubicata nelle antiche prigioni di una ex caserma dei Carabinieri, accoglie oltre 160 etichette di 43 produttori locali, con l’obiettivo di valorizzarne il lavoro: per essere presenti bisogna infatti produrre almeno un Dolcetto di Diano D’Alba. Ma al suo interno si possono trovare anche bottiglie di Langhe Favorita, Arneis, Nebbiolo d’Alba e Barolo (una piccola parte del territorio di Diano rientra infatti nel disciplinare del nobile rosso). La cantina offre anche una selezione di prodotti locali come pasticceria secca, grissini e olio di nocciola.

A Diano non manca infatti l’offerta gastronomica, così come la possibilità di soggiornare sulle colline, a due passi da Alba. Sulla piazza centrale, sotto la rocca della Parrocchiale, la → Locanda ‘d Batista è un delizioso ristorante per qualità, semplicità e prezzo. Per cenare immersi nei Sorì, consigliamo invece la → Trattoria nelle Vigne, con veranda e terrazzini che si affacciano sulle colline. Nella parte di Diano che si sviluppa a Nord del centro storico si trova infine l’ → Albergo e ristorante Ai Tardì. Da poco rinnovato e ristruttutrato, gode di un panorama unico, che nelle giornate limpide spazia fino alla punta innevata del Monviso.

    Ultima modifica: Domenica, 23 Giugno 2013 19:15
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