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Sukula, il Barolo che viene dalla Scandinavia

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Riikka Sukula of the Sukula winery in Serralunga d'Alba Riikka Sukula of the Sukula winery in Serralunga d'Alba

Intervista a Riika Sukula, produttrice finnica di Barolo in Serralunga d'Alba (CN)


“Volevo capire che gusto avesse un territorio nel vino”

Riikka Sukula produce Barolo a Serralunga d’Alba, nel Piemonte meridionale. Un marito e due figli, il suo sogno era quello di produrre vino. Un desiderio è diventato realtà dieci anni fa, quando Sukula e la sua famiglia abbandonano la Finlandia e acquistano 1,8 ettari di terreno a Serralunga d'Alba, cominciando la loro avventura da produttori.

Questa è la storia di una sfida, di come la passione e la voglia di imparare – di sporcarsi le mani – possono creare un vino eccellente da una delle terre vinicole più blasonate del mondo, quale che siano le tue origini.


Giungo alla cascina di Sukula in una limpida giornata autunnale, attraversando vigneti pieni di colore, i pampini della Barbera rossi e quelli di Nebbiolo giallastri. Riikka mi accoglie sulla porta, senza scarpe. Mi saluta con calore mentre prepara casse di legno con il suo Barolo, olio d’oliva e riso. «Mio marito è uno chef», dice guardando al contenuto. La stanza in cui riempie le casse – accarezzando un gatto arancione che tenta di rubarle ogni volta la seduta – è un’ode alla buona tavola e all’ospitalità. Un enorme forno sovrastato da sei fuochi e decine di pentole è il pezzo forte della cucina, circondata da pareti traboccanti piccole tazze da caffè e bicchieri da vino. Nella suo salotto, i libri di cucina stipano ogni buco del muro di mattoni. Dalle enormi portefinestre penetra l’immagine delle vigne circostanti. Verdi damigiane in vetro barbagliano al sole.

La luce, all’interno di questo spazio essenziale e rustico, crea un’atmosfera particolare, come se in questo luogo, quasi per magia, la Scandinavia e il Piemonte avessero stretto un efficace patto di convivenza. 

Come mai ti sei trasferita in Italia per produrre vino?

Mio marito ed io lavoravamo nel campo della ristorazione, io importavo vino solo dall'Italia. Durante i miei viaggi alla ricerca di produttori mi colpiva una delle loro espressioni: «il 95% del vino nasce in vigna», dicevano, e poi ci mostravano la cantina. È così che in me è nato il desiderio di capire la vigna. Nel 2003 abbiamo saputo di un piccolo appezzamento in vendita a Serralunga d'Alba: dopo due anni di trattative, lo abbiamo acquistato. Qui è difficilissimo acquistare un vigneto, siamo stati fortunati: il precedente proprietario non voleva dividere la casa dal piccolo appezzamento e nessuno era interessato. Per noi era il punto di partenza ideale.

Quando ero nella ristorazione, ero giudicata due volte al giorno: pranzo e cena. Fare il vino, al contrario, dilata i tempi e la «ricompensa» viene molto più tardi. "

Perché avete scelto il Piemonte?

Il Nebbiolo è il vitigno più difficile da coltivare, ma il Barolo è il top del vino italiano – il Re dei vini, no? In più, questa terra è come una Disneyland del Food&Wine. 

Come hai imparato a coltivare la vigna e fare il vino? 

Ho studiato agronomia per tre anni. Nel frattempo abbiamo reimpiantato la vigna che aveva ceppi molto vecchi (anche di 65-70 anni) e ristrutturato la casa. È stato un periodo di duro lavoro, io ero incinta e non avevamo l'allacciamento all'acqua calda. Usavamo un boiler per farci la doccia...

Come erano le prime bottiglie prodotte?

All'inizio prendevamo spunto dai libri, ma la vera esperienza deriva dal "saper leggere la vigna". Impari solo facendo, e non impari mai abbastanza. Ora che il reimpianto è terminato, abbiamo focalizzato tutte le energie sul vino e sulla sua qualità

Raccontaci dei tuoi vini.

Mio marito ed io ,più un aiutante che guida il trattore, facciamo tutto. Lavoriamo più di 2 mila ore all'anno in vigna. Produciamo 4 mila bottiglie di Barolo Meriame e 1500 di Barbera d'Alba, che vengono vinificate da La Spinetta. Una piccola quantità, se volete, ma noi la consideriamo delle giuste dimensioni: posso lavorare al fondo di un filare e sentire mia figlia che grida: «Mamma ho fame, vieni a cucinare?». Produciamo vino biologici, senza la certificazione: c'è troppa burocrazia che non voglio neppure metterci le mani. Per me è sufficiente sapere che conduco il tutto in maniera biologica e sostenibile. Il 2006 è stata la nostra prima annata: imbottigliammo solo magnum e ci tenemmo tutte le bottiglie - poche a dire il vero - per consumo domestico.

Sukula Barolo

E l'etichetta?

Siamo venuti in Italia per imparare a fare il vino con le nostre mani: le stesse che si vedono sull'etichetta, le mie e quelle di mio marito. Non abbiamo stemmi araldici da vantare, nessuna storia particolare, solo il frutto dei nostri sforzi. Non avevo mai lavorato con le mani prima di acquistare la vigna: è qualcosa che ti riempie di soddisfazione. È dura, ma tutto sommanto mi diverto.

Come ti sei sentita quando avete vinto il Sole della guida Veronelli (20 su 20 mila vini recensiti ogni anno) e siete stati inseriti nella Top 100 di Golosaria con il Barolo 2010? 

È stata una sorpresa meravigliosa anche perché il nostro vino è conosciuto attraverso il passaparola. Non facciamo vino per i premi, ma solo per sfidare la nostra capacità di valorizzare la vigna. In cantina siamo "minimal", interveniamo solo se strettamente necessario. Usiamo botti grandi e processi lenti e naturali. Io voglio fare un vino che mi dica: «Ecco il gusto della terra». 

È stata dura trasferirsi in questi posti??

Non avevo mai vissuto in campagna, ma non è stato difficile adattarsi. I Finlandesi sono come i Piemontesi. Riservati da principio, ma una volta conosciuti, molto aperti. Abbiamo fatto molti cambiamenti nella nostra vita, ma non esiste un momento "giusto" quando vuoi realizzare il tuo sogno. Sembra sempre di non avere abbastanza tempo, denaro, coraggio. Il primo passo però, è gridare forte quello che vuoi fare. Da principio, pensavo mi mancasse il mare, ma non è stato così. Trovo che, in Piemonte, ogni giorno è diverso dall'altro: così ho avuto l'idea di fare un time lapse di un intero anno (un video con fotografie scattate dallo stesso punto di osservazione in diversi momenti) per far conoscere le diverse espressioni della vigna. Tutti credono che fare il vino significhi vendemmiare, ma è solo una piccola parte del lavoro.

Time-lapse della nebbia a Serralunga d'Alba Video by Riikka Sukula 

Quali sono le differenze più notevoli tra la tua vita in Finlandia e in Piemonte?

Quando ero nella ristorazione, ero giudicata due volte al giorno: pranzo e cena. Fare il vino, al contrario, dilata i tempi e la "ricompensa" viene molto più tardi. Ho dovuto cambiare prospettiva: basti pensare che una vigna ha bisogno di 25 anni per raggiungere la sua qualità ideale. Eppure, questa dolce vita che gli stranieri riconoscono nello stile italiano, in qualche modo si trasmette nel vino. Si apprezzano di più i ritmi della vita, c'è una consapevolezza maggiore dei concetti di evoluzione e cambiamento. Fare Barolo significa dover perdere l'esatta cognizione del tempo: c'è un ritmo diverso, per giorni e anni, senza la fretta delle ore.

"Abbiamo fatto molti cambiamenti nella nostra vita, ma non esiste un momento "giusto" quando vuoi realizzare il tuo sogno. Sembra sempre di non avere abbastanza tempo, denaro, coraggio. "

Il tuo background ha influenzato il tuo modo di produrre il Barolo?

Venendo da lontano, ho la fortuna di avere una prospettiva più ampia. I produttori storici posseggono un sapere articolatissimo su ogni aspetto del loro lavoro e del posto in cui vivono da sempre, ma dovrebbero anche guardare oltre. Come accadde negli anni '80, quando si cominciarono a sperimentare nuovi modi di fare il vino. Da straniera, capisco molto bene il perché di questa "rivoluzione" guidata dal cambio generazionale.

"Modernisti contro tradizionalisti", c'è anche un film che racconta di questa non facile transizione. Penso che tutto, nel mondo, sia transizione: arriva un momento in cui la tradizione ha bisogno di essere rinnovata, anche uscendo dai sentieri già battuti. Soprattutto ora, dal momento in cui che le nuove generazioni possono viaggiare e conoscere realtà assai diverse dalla loro. 

Infine, ho capito che il problema del Barolo non è se usare la barrique oppure no. Ci sono stati anche altri cambiamenti: come la vendemmia verde o il numero di famiglie che ha incominciato a vinificare le proprie etichette. Ho capito che la fama del Barolo ha a che fare con questi cambiamenti.

...

Dopo aver assaggiato il Barolo 2010, Riika ha osservato le mie scarpe per verificare che le potessi sporcare. Mi ha condotto in vigna spiegando quanto è difficile potare d'inverno perché «se tagli il tralcio sbagliato, rischi di compromettere l'annata successiva». Lei lascia solo nove gemme, al contrario delle consuete tredici o quattordici. Sa che una minore quantità significa maggiore qualità. Intanto, continua a studiare: nel 2015 seguirà il Master in Cultura Vitivinicola dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. I vini di Riika Sukula, possiamo scommetterci, non smetteranno di stupirci.

Riikka Sukula with her husband and two daughters. Photo: Riikka Sukula

Ultima modifica: Giovedì, 11 Dicembre 2014 11:46
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