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Alice Feiring, il vino naturale non sarà una moda passeggera

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Alice Feiring Alice Feiring

La wine writer Alice Feiring risponde alle domande di Wine Pass sul Piemonte dei vini biologici e naturali. Questa che pubblichiamo è la prima parte di un'intervista che uscirà nelle prossime settimane

Alice Feiring, scrittrice e autrice acclamata dalla critica, premiata con il James Beard Award e il Louis Roederer Award, già candidata all’ International Feature Wine Writer 2011, ha recentemente visitato l’Italia. Ha risposto alle nostre domande fornendo la sua opinione sui vini naturali in Piemonte, sulla sua carriera come autrice e sulla traduzione in italiano del suo libro Vino (al) naturale.

Ci ha raccontato dei suoi viaggi più recenti, delle cantine che ha visitato, svelandoci un segreto: le piacerebbe visitare più spesso il Piemonte, la regione che custodisce alcuni dei suoi ricordi più preziosi legati al vino. L’abbiamo invitata a tornare ogni volta che vuole.

INTERVISTA - PARTE 1

Ms. Feiring, quali sono le diverse cantine e i paesi che ha avuto la possibilità di visitare in Piemonte?

“Trinchero ad Asti e San Fereolo a Dogliani. A Barolo, Mascarello, Canonica e Rinaldi, e un favoloso vignaiolo appena fuori La Morra che produce un vino straordinario, Lorenzo Accomasso. È stata una vera scoperta, ma non esporta negli Stati Uniti: un vero peccato".

Ha conosciuto aziende vitivinicole che producono vini naturali?

“Tutti coloro che ho menzionato sono praticamente naturali o abbastanza naturali. Quando sono stata in Piemonte l’ultima volta, sette anni fa, c’erano pochi che lavoravano in questo modo, ma oggi è un fenomeno che sta crescendo rapidamente. La differenza è enorme. Questo “risveglio” stava appena cominciando l'ultima volta che sono stata qua".

Alice Feiring

Crede che l'interesse nei vini naturali sia una moda passeggera, oppure si tratta di un fenomeno reale, con potenzialità di ulteriore crescita?

“La gente che beve vino sta cercando vini più naturali che non siano troppo “costruiti”. A dire il vero, non credo che sia la gente abbia mai smesso di volere quel tipo di vino, ma gli altri vini – quelli grandi, in botti nuove, autentiche “bombe di frutta”, sono praticamente diventati gli unici sul mercato. Dopo aver scritto il mio libro The Battle for Wine and Love or How I Saved the World from Parkerization, le lettere migliori che ho ricevuto avevano commenti come “Pensavo ci fosse qualcosa di sbagliato in me, che odiavo quei vini grandi e intensi. Finora non sapevo che esistessero questi vini naturali”. Sì, c'è un aumento di aziende vitivinicole che producono vino in maniera più naturale e anche questo mercato specifico sta crescendo. È simile al ritorno alla cucina "slow" e biologica. Non posso etichettare questo ritorno ad abitudini sane come una moda passeggera. Quindi, no, non credo… Semplicemente, offre più varietà nel mondo del vino".

In uno dei suoi articoli più recenti, “Bored of Bordeaux” (Annoiati dal Bordeaux, ndr), afferma che "Quando persone genuine creano vini genuini, l'autenticità si trova". Che cos'è un vino autentico?

“L’autenticità consiste nel fare quanto più possibile per non cambiare il vino usando additivi o tecniche particolari. Cioè, non ha nulla a che fare con il produrre un vino per il mercato, ma sta nel produrre un vino che sia espressione del suo territorio".

“Tutti coloro che ho menzionato sono praticamente naturali o abbastanza naturali. Quando sono stata in Piemonte l’ultima volta, sette anni fa, c’erano pochi che lavoravano in questo modo, ma oggi è un fenomeno che sta crescendo rapidamente. La differenza è enorme". 

So che ha avuto un'esperienza diretta provando a lavorare in un’azienda vitivinicola. Avete prodotto un vino del tutto naturale?

“Non era il mio vino, alla fine, che avremmo venduto, quindi c'erano dei limiti al livello di ‘naturale’ cui potermi spingere. Ma, di sicuro, è stato il vino più naturale che quella cantina abbia mia prodotto. Abbiamo usato una fermentazione naturale (alcolica e malolattica). Nessun additivo, tranne l'acqua, pratica che non è legale in Italia, come in California, ma che comunque a volte si utilizza per ridurre l'alcool. Però, a circa 60ppm, c'era troppo solfuro per i miei gusti. Ho fatto il possibile, insomma”.

Com'è venuto alla fine?

“Ero abbastanza soddisfatta, a dire il vero. Aveva un bel carattere come Sagrantino ed esprimeva bene il suo territorio”.

C’è un futuro nella produzione del vino, per lei?

“No (ride, ndr). Sarei molto più felice lavorando nelle vigne piuttosto che in cantina. Però, se avessi l'opportunità di acquistare un piccolo ettaro e mezzo di cui prendermi cura per conto mio… chissà? Ma sono una scrittrice, non una produttrice vinicola”. 

Qual è la bottiglia di vino più memorabile che abbia mai avuto?

“Era un Barolo del 1968 di Giovanni Scanavino, che ho assaggiato nel 1980. È stato quello che mi ha fatto rendere conto che vino ha il potere di emozionare. E, probabilmente, è anche il vino che mi ha legato al Piemonte: fu la ragione per la quale venni qua la prima volta, e ancora, e ancora, e ancora. Adoro questa regione".

Se avesse un rubinetto che versi soltanto un tipo di vino ogni volta che vuole, quale sarebbe e perché?

“Che domanda difficile! Per prima cosa non mi piace il concetto di avere un rubinetto per il vino. Ma se dovessi scegliere per forza (e questo è apolitico perché non si tratta un vino piemontese), sarebbe un Gamay dalla regione della Loira. Potrei berlo ogni giorno. Dal Piemonte? Probabilmente Pelaverga: facile da bere, ha quella piacevolezza in uscita, da bere in maniera spensierata”.

“La gente che beve vino sta cercando vini più naturali che non siano troppo “costruiti”. A dire il vero, non credo che sia la gente abbia mai smesso di volere quel tipo di vino, ma gli altri vini – quelli grandi, in botti nuove, autentiche “bombe di frutta”, sono praticamente diventati gli unici sul mercato". 

 

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Ultima modifica: Venerdì, 14 Giugno 2013 15:05
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