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Val Sarmassa, essenza e memoria del Monferrato

Val Sarmassa, essenza e memoria del Monferrato

Percorrere i sentieri della Val Sarmassa è come intraprendere un viaggio nell’essenza dell’Astigiano: è qui, infatti, che si trovano gli elementi caratteristici di questo territorio.

La lunga memoria del Monferrato

In quest’angolo dell’Alto Monferrato, un po’ defilato rispetto alle terre dove la vite ha soppiantato ogni angolo di natura, ritroviamo aspre colline ricoperte da fitti boschi. Proprio qui, nel 1993 è stata istituita, con una legge Regionale, la Riserva Naturale Speciale della Val Sarmassa, ora gestita dall’Ente di Gestione delle Aree protette Astigiane.

I nomi dei luoghi raccontano la storia che hanno vissuto: la Valle della Morte nella quale si racconta sia avvenuta una dura battaglia all’epoca del Barbarossa e il Bricco dei Tre Vescovi dove si incontravano tre distinte diocesi e dove tuttora confluiscono tre Comuni dell’area protetta. 

I nomi dei luoghi raccontano la storia che hanno vissuto, dalla Valle della Morte al Bricco dei Tre Vescovi

La Riserva è quasi completamente ricoperta da boschi anch’essi con storie differenti: taluni – costituiti da querce, ciliegi, olmi e aceri – sono i più interessanti dal punto di vista naturalistico. Il querceto dei Crova, famiglia nobile di questo territorio, è proprio uno di questi, e ospita piante di particolare interesse quali le ginestre, la cefalantera bianca (orchidea dalla splendida fioritura), il sigillo di salomone ed il pungitopo. Oggi questo bosco, posto su un versante esposto a sud, è essenziale per la Riserva poiché conserva la memoria naturale di come un tempo erano tutti i boschi ed i coltivi attorno alla riserva. E non solo: esso è il cuore pulsante da cui vengono dispersi dal vento, dagli insetti e da tutti gli altri animali, i semi che forse un giorno riporteranno allo stato originario, e quindi ricco di biodiversità, tutti i boschi vicini. 

I versanti che guardano a nord, sempre freddi ed ombrosi, ospitano fitte perticaie di castagno, talvolta curate a tal punto da sembrare coltivate e da cui si ottengono pali dritti e resistenti da utilizzare come sostegno nelle vicine vigne. Tuttavia, anche qui, la natura ha il suo spazio e già a partire da marzo le primule, le epatiche viola e le verdi felci fanno capolino tra le grandi foglie di castagno cadute l’autunno precedente. Inoltre i suoi frutti, come anche le ghiande delle tante querce, sono pasto fondamentale per moltissimi animali, dai piccoli insetti fino ai grandi mammiferi.

Infine i boschi di robinia, boschi nuovi, che fino al ‘600 non esistevano in quanto la Robinia pseudoacacia, pianta originaria del nord America, ancora non era presente sul nostro territorio. Oggi questi boschi sono i più abbondanti, con l’abbandono delle terre coltivate nel secondo dopo guerra: essi hanno infatti colonizzato vigneti, frutteti e coltivi. Questa storia recente si può ancora leggere sui sentieri che percorrono la Riserva: osservando con occhi attenti si possono infatti scorgere, nel fitto dei boschi, vecchi pozzi, i contenitori (detti “trori”) per la preparazione del verderame, i terrazzamenti sui quali crescevano un tempo le viti, i casotti per il ricovero degli attrezzi.

Se invece siete amanti degli animali, possiamo dire che non è facile poterne osservare qualcuno, anche se tutto dipende da come ci si approccia ad un’escursione sui sentieri della Riserva. Armati di pazienza, spirito di osservazione, un rigoroso silenzio ed escursioni negli orari più tranquilli –la mattina presto o il crepuscolo – è possibile imbattersi in volpi, cinghiali, tassi, scoiattoli e ghiri dei quali non mancano le tracce lasciate su alberi, sentieri e cespugli.

C’è poi una fauna più piccola ma altrettanto affascinante che frequenta questi boschi e che deve la sua presenza anche ai piccoli stagni, rii e paludi che sono nascosti qua e là nel folto dei boschi. Ne sono un esempio le colorate e sfreccianti libellule che nel periodo estivo vanno a caccia di zanzare e di piccoli insetti, le farfalle, le rane e i ramarri, quest’ultimi scelti quale simbolo della Riserva. 

Una storia più antica è quella che riguarda i fossili che affiorano in alcuni punti del territorio della Riserva: sono resti di organismi vissuti più di due milioni di anni fa

Una storia più antica è quella che riguarda i fossili che affiorano in alcuni punti del territorio della Riserva: sono resti di organismi vissuti in un antico mare che ricopriva queste terre e gran parte dell’Astigiano nel periodo Pliocenico risalente a più di due milioni di anni fa. Nelle scarpate lungo i sentieri e talvolta nelle piccole grotte scavate nell’arenaria, localmente chiamata tufo per la sua consistenza compatta ma facilmente lavorabile, si possono ritrovare come piccole macchie che affiorano da un lontano passato; sono conchiglie di bivalvi, resti di granchi, di vertebrati marini e molti altri organismi vissuti milioni di anni fa. 

La Stazione botanica del vecchio Jim

Le piante hanno da sempre destato la curiosità dell’uomo, per i loro colori, forme e profumi: in esse abbiamo imparato a scoprire essenze e rimedi medicinali, oltre a utilizzarle come ripari e fonti di calore.

Nella Riserva della Val Sarmassa vi è un posto dove tante specie di piante sono state raccolte e disposte in un giardino per raccontare e farne conoscere le peculiarità, gli usi, le caratteristiche officinali, ma anche i colori e le forme a tutti i frequentatori della Riserva.

Tutto è nato grazie al vecchio Jim, un anziano giramondo appassionato di boschi e piante, che proprio in questi boschi e prati della Val Sarmassa andava a raccogliere erbe per le sue tisane e per i suoi decotti. Alcune di queste piante, che lui utilizzava per curarsi, sono ora osservabili presso la stazione botanica posta presso l’ingresso del sentiero della Valle della Morte. Qui si possono ritrovare la celidonia, il cui lattice di colore giallo era utilizzato per curare le verruche, l’achillea i cui fiori bianchi sono usati per decotti e oli cicatrizzanti e poi ancora l’origano, l’iperico, il tanaceto, la rosa canina e la fumaria.

    

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