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Quanto è verde il tuo «vino verde»? Guida ai vini naturali&Co.

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A byodynamic vineyard. Photo from Mark Smith, Creative Commons A byodynamic vineyard. Photo from Mark Smith, Creative Commons

Negli ultimi anni il vino si è arricchito di aggettivi nuovi, non tutti riguardanti l'analisi sensoriale. In particolare, sono balzati all'onore delle cronache i cosiddetti "green wines", la grande famiglia che riunisce vini «biologici», «biodinamici»«sostenibili» e, non ultimi, i vini «naturali». Se anche voi vi siete smarriti in questa selva terminologica, niente paura, la nostra guida ai "vini verdi" è quello che stavate aspettando.


In un mondo sempre più tecnologico, scrivere la parola «naturale» è un atto temerario. Folle o lucido, vero o falso che sia, utilizzare questo aggettivo richiede una certa dose di coraggio. «Naturale» è il corso necessario dell’evolversi e del cambiare della Natura verso qualche obbiettivo finale? Oppure è la forma primordiale dell’universo, anch’essa necessaria, dalla quale ogni scostamento è male perché ne altera il «naturale» equilibrio?

Senza scendere in tecnicismi filosofici e restringendo l’orizzonte al campo enoico, la questione attorno al termine «naturale» è più che mai sentita. In un paio di anni sono spuntati vini «biologici», «naturali», «verdi», «biodinamici», «organici», «sostenibili», «liberi» e così via. Tutti accomunati da una stessa precarietà terminologica – perché giovani e in via di definizione . Tutti, chi più chi meno, collegati al macroconcetto della «Terra», del «rispetto della Natura», dell’«armonia con l’ambiente» e della «sostenibilità». E tutti, infine, in aperta opposizione ad un altro macroconetto: quello di «artificiale», «industriale», «chimico» , «sintetico» o «meccanico».

Le nuove definizioni del vino sono spesso interconnesse, ma non interscambiabili. Al contrario, qualche volta indicano aspetti in aperto conflitto. Ma conosciamo davvero la differenza tra vino «verde», vino «biologico» e vino «naturale»? Tra «sostenibile» e  «biodinamico»? Senza pretese di completezza e senza brandire la scure della Verità noi di Wine Pass abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza, cominciando ad operare qualche distinzione fondamentale. 

1. Vino Verde
2. Vino Biologico
3. Biodinamico
4. Sostenibile
5. Naturale


Vino Verde

Vinho Verde

Lasciando da parte la stratificazione di significati che l'aggettivo "verde" ha subito negli ultimi anni, definire un vino «verde» – almeno in italiano – ha un significato deteriore, cioè negativo. Il vino è «verde» quando ancora non maturo, non pronto ad essere consumato, non pienamente sviluppato. Il sentore di «verde» invece, è una notazione della componente acida del vino, che – se moderata – indica vini freschi e sapidi; se invece soverchiante, può definire vini troppo nervosi, crudi o spigolosi. 

Ma «vino verde» è anche la traduzione di Vinho Verde, tipologia di vino portoghese utilizzata per bianchi, rossi e rosé giovani, immessi sul mercato per un consumo entro l’anno di produzione.


 Biologici - Organic

EU Organic label

 

Con il termine biologico si indicano quei vini che rispettano un determinato regolamento sancito da organi nazionali o internazionali e fatto applicare da enti che certificano l'adesione al regolamento ed effettuano controlli. Il regolamento prevede norme che debbono essere attuate tanto in vigna, quanto in cantina. Nel mondo ci sono parecchi disciplinari per il vino biologico, analizziamo quelli principali: Unione Europea e Usa tra cui vige un accordo.

UNIONE EUROPEA

I vini biologici, in Europa, vengono identificati dal simbolo della foglia verde in etichetta. Sono tutti quei vini che ricadono sotto il discusso regolamento UE n. 203/2012 la cui innovazione, rispetto ai precedenti regolamenti, consta proprio nell'unificazione delle norme da seguire in in vigna e in cantina.

Senza scendere troppo nei tecnicismi, i vini biologici europei sono accomunati da identiche pratiche biologiche nei vigneti (che vietano l'utilizzo della chimica, ma consentono l'uso di Rame e Zolfo) e in cantina, atte ad ottenere un vino che rispetti queste linee guida:

- Limitare additivi o processi che influenzano l'aroma e quindi l'autenticità del vino
- Proibire sostanze dannose per la salute, indipendentemente dalla loro utilità nel processo di vinificazione
- Ridurre i limiti massimi consentiti per gli additivi critici, specialmente per l'anidride solforosa.

Se i primi punti sono stati ampiamente condivisi, l'ultimo è risultato il più critico. La riduzione dei solfiti nel vino da più parti (Ferderbio in primis) è stata ritenuta troppo blanda, tanto da non marcare una vera differenza tra vini convenzionali e vini bio. Oggi i limiti di solforosa per i vini biologici sono i seguenti:

1. Vini Bianchi: la percentuale di anidride solforosa ammessa è 150 mg/l contro i 200 mg/l sul vino convenzionale
2. Vini Rossi: 100 mg/l contro i 150 mg/l sul convenzionale
3. Spumanti DOC e IGT : 155 mg/l contro i 185 mg/l sul convenzionale
4. Altri spumanti: 205 mg/l contro i 235 mg/l sul convenzionale
5. Si può arrivare a 270 mg/l (contro i 300 mg/l per il convenzionale) per Loazzolo, Alto Adige e Trentino passiti o da vendemmia tardiva, per il Colli orientali del Friuli Picolit e il Moscato di Pantelleria, a 370 mg/l (contro i 400 mg/l del convenzionale) per l'Albana di Romagna passito (deroghe per il vino italiano).

USDA Organic LogoUSA

La principale caratteristiche del vino biologico made in Usa è la sua “scala di organicità”, divisa in tre categorie. In pratica, gli Americani ci tengono molto ad indicare non solo se un vino è “organic” (termine che si avvicina al nostro biologico ), ma quanto è “organic”.

1. 100% Organic

Certificato dalla USDA (il dipartimento statunitense per l’agricoltura), può contenere soltanto vino da uve biologiche, cresciute cioè senza fertilizzanti chimici e con alcuni accorgimenti per preservare l’ambiente. In questa tipologia di vini, i solfiti ammessi sono solo quelli naturali e tutti gli ingredienti che compongono il vino (i lieviti ad esempio) devono essere certificati bio.

2. Organic

Sono vini assai simili ai precedenti, ma possono contenere un 5% di prodotti (di origine non agricola) che non sono certificati come biologici. In questi vini è consentita l’aggiunta di solfiti, fino ad un massimo di 100 mg/l.

3. Made with Organic Grapes

Questi sono vini “ottenuti da uve biologiche”. Rispettano gli standard dei vini precedenti per quanto riguarda la coltivazione delle uve, che deve essere biologica al 100%. Ma possono utilizzare lieviti non biologici, ad esempio. Anche qui i solfiti devono essere  inferiori a 100 mg/l.

ACCORDO EU – USA sui vini biologici

Dal 2012, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno siglato un accordo commerciale che riconosce i vini biologici di entrambi i paesi. Questo ha facilitato il commercio ma non ha risposto ad un quesito ancora aperto: come mai in Europa i vini americani ottenuti da uve biologiche possono essere venduti tranquillamente come biologici, mentre in Usa i nostri vini bio riportano solo la dicitura “made with organic grapes”? 


Biodinamico Biodynamic  

Biodynamic Demeter logo

 

Che cos'è davvero il biodinamico? Difficile dirlo. Perché, prima di essere una pratica, questo tipo di agricoltura affonda le sue regole in una filosofia di vita. Basata sulle visioni antroposofiche di Rudolf Steiner, l'agricoltura biodinamica è composta da una serie di metodi di coltivazione il cui fine è il pieno rispetto della natura intesa come ecosistema e rapporto tra uomo, pianta e ambiente.

Tutto questo si traduce nel divieto assoluto di chimica in ciascuna fase della crescita e della lavorazione del prodotto agricolo, rotazione delle coltivazioni, compostaggio, rispetto delle fasi lunari, diluizioni omeopatiche per combattere le malattie delle piante, rispetto dell'«energia vitale di un suolo», ecc...

Sebbene tutti i principi del biodinamico non nuocciano affatto alla salute e neppure alla terra, bisogna ammettere che non si tratta di pratiche scientifiche.

Certificazione

Il termine "biodinamico" è un marchio commerciale detenuto dalla Demeter International, associazione di coltivatori che si propone, attraverso un disciplinare, di mantenere i medesimi standard tra i coltivatori sia nella fase di produzione che di trasformazione dei cibi. Ogni Stato ha la propria associazione Demeter che deve adeguarsi agli standard e ai protocolli dettati dalla Demeter International.

Vino e vite

Se conoscete l'inglese, lettura fondamentale per immergersi nel mondo del biodinamico applicato alla vitivinicoltura è il libro di Katherine Cole, Voodoo Vintners: Oregon's Astonishing Biodynamic Winegrowers. Un'avventura mistica e curiosa, a metà strada tra la scienza e la magia che ci conduce nelle fattorie dell'Oregon dove il biodinamico è "legge". 


Sostenibile Sustainable 


A Sip Certified Sustainable wine logo

Con il termine «sostenibile» si indicano quei tipi di agricoltura (e viticoltura) condotti secondo un'etica del rispetto del suolo, dell'ambiente e del lavoro dell'uomo. Se la biodinamica si caratterizza per un approccio spirituale a questi temi, la sostenibilità è un fattore strettamente "laico e pragmatico", fatto di studi, ricerca e pratiche quantificabili.

La sostenibilità non riguarda solo la salvaguardia della risorsa ambientale, ma si preoccupa di considerare anche l'aspetto economico del lavoro, tutelandone la risorsa umane: promuove un equo compenso per il lavoro svolto, l'attenzione alla salute e alla sicurezza del consumatore e dell'operatore agricolo, la giustizia sociale di un prodotto e di tutto ciò che ruota attorno al suo consumo (trasporto, inquinamento, utilizzo energetico per la sua trasformazione).

Certificazione

Almeno in Europa non esistono enti istituzionali certificatori di Agricoltura Sostenibile. Esistono tuttavia molti altri tipi di certificati rilasciati da enti privati che si occupano di aspetti particolari della sostenibilità come la Responsabilità Sociale, l'impatto ambientale, il rispetto delle acque e così via. Il rischio di questi riconoscimenti, però, è duplice. Non solo non esistono parametri codificati e internazionali per i vari certificati (il che li rende meno forti e autorevoli), ma grazie al proliferare deglie enti certificatori, ciascuna azienda tende ad ottenere riconoscimenti nel campo in cui le sue prestazioni ambientali sono migliori, spesso tralasciando altri criteri.

Un primo tentativo di colmare questo vuoto, arriva da una novità italiana di fine 2013. Si tratta di Magis, ente creato per la certificazione della sostenibilità lungo tutta la filiera del vino. Simile per certi versi alla SIP (Sustainibility In Practice) californiana,  Magis nasce dalla collaborazione tra università e aziende private, il cui obbiettivo è quello di documentare  - con dati il più possibile quantificabili - la "sostenibilità" di un'azienda vitivinicola attraverso l'adozione di un protocollo basato su tecniche di agricoltura di precisione. 


Vini naturali - Natural wines  

Biodynamic vineyard. Photo from Rising Damp, Creative Commons

Chiarire cosa siano i vini naturali è forse la più semplice e insieme la più complessa delle operazioni. Cominciamo con il dire che non esiste un regolamento ufficiale - o istituzionale – che discrimini di questi prodotti, ma soltanto autoregolamenti (che fanno capo ad associazioni) a cui ciascun produttore sceglie di aderire, o meno.

Il principio che regola i vini naturali è a dir poco banale. È vino naturale quel particolare tipo di vino ottenuto "senza dover aggiungere niente". Dove "senza aggiungere niente" significa adottando pratiche in vigna e cantina volte a non alterare in alcun modo l'originalità e la tipicità del vino, ma a lasciare che questo si esprima in "purezza", con il minimo degli interventi possibili e il divieto (quasi) assoluto dell'utilizzo della chimica (additivi, fitofarmaci, pesticidi, diserbanti, solforosa) in tutte le fasi della vitivinicoltura.

Vi pare una definizione difficile? Eppure il dibattito è più che mai acceso. Che cosa significhi «originalità» del vino, «purezza», «minimo degli interventi possibili» e addirittura che cosa si intenda per «chimica» sono dibattiti apertissimi. I detrattori dei vini naturali sostengono che è sbagliato persino l'appellativo. Il vino è «artificiale» per definizione, in natura non esiste e – al massimo – il «naturale» percorso del succo d'uva sarebbe la sua trasformazione in aceto, non nel nettare di Bacco, che ne rappresenta un arresto «forzato».

Il movimento dei vini naturali si difende sottolineando che non è il vino ad essere in questione, ma le pratiche tecnologiche, chimiche ed industriali che lo hanno omologato e snaturato, introducendo nel vino elementi sintetici che non appartengono alla sua natura e nuocciono tanto all'ambiente quanto al consumatore.

Le pratiche per ottenere un vino naturale possono variare da produttore a produttore, ma, ultimamente, sono nate associazioni (come VinNatur o ViniVeri) che tentano di sistematizzare i principi della vitivinicoltura naturale, proponendo sistemi di autoregolamentazione severi e oggettivi, volti a promuovere e ad accreditare l'immagine del vino naturale nel mondo.

Se dovessimo sintetizzare in maniera grossolana le pratiche naturali, potremmo dividerle fra vigna e cantina:

1. Vigna: divieto assoluto della chimica ad eccezione di zolfo e rame (con la prospettiva di eliminare anche questi rimedi); divieto OGM; coltivazione di vigneti autoctoni; venemmia manuale; rispetto della biodiversità; lotta integrata; pratiche volte al rispetto e alla preservazione delle risorse ambientali, ecc...

2. Cantina: fermentazione con lieviti indigeni presenti sull'uva; divieto di qualsiasi additivo; esclusione di ogni sistema meccanico o chimico che alteri la fermentazione, chiarifichi o modifichi l'equilibrio naturale dei vini; utilizzo della solforosa in quantitativi minimi, ben al di sotto dei regolamenti biologici vigenti.

Letture consigliate

Per chi volesse approfondire proponiamo il libro di Alice Feiring - Vino (al) Naturale - profeta statunitense dei vini naturali. Altra edificante lettura è Servabo, fondamentale opera collettiva per capire e quantificare il fenomeno naturale in Italia. 


CONCLUSIONI PROVVISORIE

Biologici, biodinamici, organici, sostenibili, veri o naturali? Si può ancora parlare di vino o bisogna abituarsi all’idea che esistano vini separati, prima ancora che per caratteristiche e tipologia, in base alla filosofia di produzione? È ormai chiaro che il mondo enoico chiede prodotti in grado di raccontare una storia. E quando questa storia non è solo buona, ma pure eticamente bella, la promozione del proprio lavoro ne guadagna.

Tutto marketing? Niente affatto. Sebbene sia palese che i “vini verdi” utilizzino la diversità come leva commerciale (ma quale azienda non mette in luce le sue peculiarità?), è altrettanto palese che i sentieri intrapresi dalle varie filosofie vitivinicole traccino un cammino comune: quello alla ricerca di un vino più autentico, sincero. Un vino che, in qualche modo, risponda alla domanda: conosco ciò che bevo? Dove “sapere” implica la consapevolezza del risultato finale quanto i segreti del processo produttivo; tanto la bellezza del packaging quanto l’impatto che la mia scelta di consumatore ha avuto sull’ambiente e sulle persone; tanto la degustazione finale quanto la trasparenza di tutte le componenti che la precedono, la formano e la rendono una delle avventure umane più affascinati. 

Articolo scritto in collaborazione con Diana Zahuranec

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