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Serralunga nel bicchiere, firmata Ettore Germano

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Un tranquilla domenica di inizio gennaio, immersi nel silenzio della Langa invernale. I vini rossi di Sergio Germano e due chiacchiere sulla storia più o meno recente di queste colline (e su polemiche mai sopite).

Ogni promessa è debito. E allora dopo aver sperimentato, ormai qualche mese fa, una full immersion nei vini bianchi dell’azienda Ettore Germano (qui il resoconto), eccoci alla scoperta dei rossi, come avevamo preannunciato. Sullo sfondo della nostra visita c’è una Langa silenziosa e parzialmente innevata di inizio anno, con la bellezza ammaliante che caratterizza il borgo di Serralunga, che come una “sentinella” dall’alto vigila sulla culla del Barolo. In primo piano, ovviamente, il dolcetto, le barbere, il nebbiolo e i baroli di Sergio Germano e di sua moglie Elena, che bene esprimono la territorialità e lo “spirito enoico” di una delle zone più incantevoli dell’albese.

Partire, com’è ovvio che sia, con i vini base dell’azienda (Dolcetto D’Alba Lorenzino 2012, Barbera D’Alba Serralunga 2012 e Langhe Nebbiolo 2012), aiuta subito a identificare con chiarezza la cifra stilistica di Sergio. Non troveremo inutili sovrastrutture e vitigni stravolti nelle fasi di lavorazione in cantina. Le rispettive identità del dolcetto, della barbera e del nebbiolo vengono infatti assecondate con cura e grande rispetto, così da regalare vini schietti, diretti, estremamente riconoscibili rispetto alla loro tipologia e, soprattutto, molto piacevoli. 

Poi arriva il momento di parlare di Barolo. Perché con Sergio non ci si può accontentare di degustare in religioso silenzio, goccia dopo goccia, le intriganti espressioni di alcuni dei cru più prestigiosi di Serralunga. Bisogna piuttosto farsi accompagnare, a ogni sorso, dalle parole di un attento conoscitore della terra come lui, il cui carattere pratico, senza fronzoli e mezze misure, ben rappresenta l’identità langarola. Ecco allora che nelle sue parole la vecchia (e ormai logora) diatriba tra modernisti e tradizionalisti del Barolo assume i contorni di una polemica sterile, ormai esaurita. «Ci dicano perlomeno cosa vuol dire essere tradizionalisti e cosa modernisti», “sbotta” Sergio pungolato sull’argomento. «Io credo che tradizione voglia dire fare un vino che esprima al meglio vitigno e territorio. Poi è ovvio che dovrà essere pulito, non legnoso né alterato, e senza “puzze”. Per me il Barolo è semplicemente un vino ottenuto da uve nebbiolo in purezza e invecchiato in un legno che non emerge e non prevarica. Da qui in poi, tutte le polemiche sull’uso di tecniche più o meno moderne, sia in vigna che in cantina, lasciano il tempo che trovano: molto spesso i vini dei nostri padri e dei nostri nonni erano qualitativamente inferiori ai nostri, e i risultati di oggi sono figli delle innovazioni introdotte negli ultimi 20-30 anni».

Serralunga d'Alba

Ma veniamo a loro, ai veri protagonisti. Il Barolo Prapò (in assaggio le annate 2008 e 2009) possiede un profilo aromatico speziato molto fine ed elegante, che in qualche modo sembra anticipare la sua bella verticalità in bocca. Il Barolo Cerretta(annate 2004, 2008 e 2009) si distingue invece per una maggiore intensità e complessità olfattiva (soprattutto frutta), e al palato si presenta più pieno e ampio rispetto al Prapò. A concludere arriva il Barolo Lazzarito Riserva (2007), da un vigneto impiantato nel 1931 in una zona altamente vocata e che regala vini straordinari (come questo e  il Barolo Vigna Lazzairasco del vicino Guido Porro). Una quarantina di giorni di macerazione sulle bucce, tre anni di affinamento in botte grande e due anni di bottiglia ci restituiscono questo vino di grandissima fattura: bellissimi profumi, di grande eleganza (piccoli frutti rossi e spezie), e impatto gustativo da grande Barolo dai connotati “serralunghiani”.

Il Barolo di Ettore Germano

Il tutto in attesa di vedersi concretizzare il lavoro di Sergio e della sua azienda in un altro prestigioso cru della zona: Vigna Rionda.

Ultima modifica: Martedì, 07 Gennaio 2014 17:42
Gabriele Rosso

Gabriele Rosso. Cuneese, classe 1979, Ph.D. in "Studi Politici" (UNITO), con una grave malattia fin dalla nascita: la passione per il Toro. Scopre l'interesse per il vino buttando lo sguardo verso le Langhe. Da lì al cibo il passo è breve. Quando si distrae mangia in maniera compulsiva. Non ha praticamente alcun "tabù" alimentare. Si occupa di comunicazione nel mondo del Food&Wine. Scrive per il Blog Noodies.

Website: www.noodies.it
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