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Meglio falso che nel lavandino, l'isotopo che svela il vino falso

Installazione contro il nucleare Installazione contro il nucleare

Per determinare l'autenticità del vino basterà analizzare la sua radioattività. Semplice no?

Questa è la particolare proposta avanzata da un team di scienziati dell'Università della California, la cui intuizione parte da un semplice assunto. Tutto ciò che è organico, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha assorbito parte delle radiazioni diffuse nell'etere a causa degli esperimenti nucleari condotti per fabbricare la bomba atomica e, in seguito, perfezionarla. 

Dal 1945 cioè, data in cui avvenne il primo test nucleare, i vini hanno tracce di cesio 137, isotopo non pericoloso per l'uomo perché presente a livelli bassissimi. Passato al vino dal terreno dove è cresciuta la vite, il cesio è stato assorbito dalla pianta attraverso le radici.

Dunque, secondo gli studiosi californiani, analizzando il livello di radioattività si riuscirebbe non solo a datare il vino, ma a circoscriverlo territorialmente, arrivando a provarne l'indiscussa autenticità

Ringraziando gli scienziati americani per aver involontariamente inserito nel vino una sorta di track biologico e invitandoli a compiere esperimenti nucleari almeno una volta ogni dieci anni, così da regalare ai sommelier - oltre a un melanoma - uno strumento di precisione "atomica" per l'analisi del vino, sorgono spontanee alcune domande.

Mettiamo che si voglia testare un Cheval Blanc del 1947, una bottiglia il cui valore può aggirarsi sui 135 mila dollari. Il campione si estrarrebbe aprendo la bottiglia e aspettando l'esito dell'esame prima di consumarla? Magari una settimana o due prima di poter iniziare le degustazioni? O, invece, si inietterebbe gas inerte nella bottiglia in cambio di un piccolo prelievo, anche qui, compromettendo l'equilibrio del tutto e costringendo il possessore a consumarla in un arco di tempo limitato?

Insomma, conoscere l'autenticità di bottiglie dal prezzo elevato serve fino ad un certo punto. Una volta testate, le stesse non potranno più essere vendute o conservate a lungo.

Ecco il paradosso: non sarebbe forse meglio godersi un falso fino in fondo piuttosto che buttare il vino o. peggio, piangere lacrime amarissime per l'acquisto sbagliato?

Ultima modifica: Martedì, 08 Luglio 2014 09:30
Gabriele Pieroni

Scrive di cultura e cibo, meglio se cibo culturale o cultura edibile. Adora il Kebab (ebbene sì!) nella sue innumerevoli varianti. Per lui il vino è prima di tutto un alimento, e come tale deve essere beverino, fresco, piacevole e soprattutto, sano. Chi lo conosce sostiene che vorrebbe essere in grado di scrivere una Grande Narrazione. Per ora si accontenta di diventare un buon giornalistaun ottimo gourmet e un piacevole commensale. Per Wine Pass cura i contenuti del web e collabora alla stesura del Magazine cartaceo. Seguimi su Twitter: @gapieron

Website: www.winepassitaly.it/index.php/It/wine-blogger/itemlist/category/154-wine-blogger-la-pancia-del-popolo
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