Alice Feiring, il Piemonte è per veri wine geek
- Scritto da Diana Zahuranec
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Ecco la seconda parte della nostra intervista in esclusiva ad Alice Feiring, che ha da poco visitato il Piemonte. Questa volta la scrittrice americana ci parla del suo libro e del Piemonte vitivinicolo. Suggerendo ai wine lovers alcune dritte per rendere la loro esperienza enoica unica e indimenticabile
Parte 2 - LEGGI LA PRIMA PARTE
Cosa ne pensa del fatto che il suo libro Vino (al) naturale è stato tradotto in italiano?
«Per me è molto emozionante. Ci sono persone nel mondo del vino - consumatori e produttori - che cominciano a pensare che "naturale" sia un nuovo modo di fare le cose. Ma è importante che la gente conosca la storia e le origini del vino naturale, i metodi di produzione, come si è evoluto. Sono felice che queste informazioni siano disponibili in Italia e la mia speranza è che, siccome è un'opera di narrativa, il libro colpisca la sensibilità degli italiani e il loro amore per la storia».
A che punto è la conoscenza del vino piemontese negli Stati Uniti e New York: come valuta l'attenzione dei consumatori americani sul Piemonte e sull'Italia?
«I vini piemontesi godono di una ottima reputazione tra gli esperti. Ma si può avvertire una sorta di battaglia tra Piemonte e Toscana, simile a quella tra Borgogna e Bordeaux. Il Piemonte, però, è la regione più adatta per i wine geek (i veri fanatici del vino ndr), e i suoi prodotti hanno più struttura e sono molto piacevoli. I vitigni rari del Piemonte, inoltre, sono molto ricercati: non c'è solo il Nebbiolo! In questo momento ci sono consumatori che comprano tutto il Ruché che riescono a trovare e anche il Dolcetto (che dicono sia difficile da vendere fuori Dogliani), in America va fortissimo! L'unico problema è il prezzo: è difficile trovare un buon vino che sia economico, a meno di non rivolgersi al Sud. Ma l'America ama l'Italia, e ama anche il suo vino».
"Il Piemonte è la regione più adatta per i wine geek, i suoi prodotti hanno più struttura di quelli toscani e sono molto piacevoli."
Quale itinerario consiglierebbe ad un turista che viene a visitare il Piemonte?
«Non riesco suggerire un itinerario specifico, ma posso mostrargli un metodo. Per prima cosa, un turista dovrebbe dedicare un po' del suo tempo a bere. Deve cioè trovare un posto che offre una grande varietà di vini al bicchiere, scoprire cosa gli piace, e poi programmare una visita direttamente dal produttore. Per esempio, un ottimo punto di partenza è l'enoteca di Grinzane Cavour. Quando si fissano gli appuntamenti poi, va bene recarsi da un produttore grande, con una vasta scelta commerciale, ma non si possono dimenticare i piccoli vitivinicoltori. I quali, anche se non hanno una stanza per le degustazioni, possono regalare splendide visite ai vigneti. Consiglio di recarsi in posti come Dogliani, Asti o anche Verduno. Più fuori mano si riesce ad andare, migliore sarà l'esperienza: questi produttori, di solito, non ricevano molti visitatori. Inoltre, raccomando di comprare almeno una bottiglia di vino (o più), perché i produttori usano parte del loro tempo ad accogliere il turista. Le loro giornate di lavoro sono impegnative e l'acquisto di un loro prodotto è un segno di apprezzamento. Questo è molto importante, non lo sottolineo mai abbastanza. Credo che molti americani non se ne rendano neppure conto: vengono da un grande paese e sono abituati ad andare in California dove nelle sale di degustazione si beve e basta. Ma è un'esperienza diversa cercare di conoscere le persone che stanno dietro ad una etichetta che ti piace. E ricordate: Piemonte significa più di Barolo».
"È un'esperienza unica cercare di conoscere le persone che stanno dietro ad una etichetta che ti piace. E ricordate: Piemonte significa più di Barolo"
Ms. Feiring, lei ha anche un sua newsletter. Potrebbe darci qualche informazione a proposito?
«Ho appena inaugurato una newsletter con iscrizione intitolata The Feiring Line. Dieci numeri all'anno per 65 dollari. Sono felice di dirvi che ho molti italiani iscritti. Questa è l'unica newsletter, mi pare, dedicata ai "vini veri", cioè alla viticoltura biologica, ai vini senza additivi con al massimo una piccola aggiunta di solforosa. Nella mia newsletter includo anche alcuni articoli, suggerimenti gastronomici, posti dove bere e qualche esperienze personale con i vignaioli che incontro durante i miei viaggi. E, chiaramente, includo 20 "raccomandazioni". Non sono recensioni di vini, ma segnalazioni per delle etichette che adoro. Non uso un punteggio, ma solo dei simboli: vino del cuore, classico, senza solfiti, "Hard Core", beverino, per intenditori, da conservare in cantina. È un newsletter abbastanza breve, forse otto pagine, e sta andando avanti molto bene».